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Indovina chi sono

Indovina chi sono!

Persone come libri.
Era un bar piccolo e poco rumoroso, con le tende alle finestre come in una casa, e la stessa luce dorata.
Ogni tanto facevano un caffè, tiravano fuori un biscotto un po’ rotto dalla mensola di vetro sotto il banco, ma giusto per accompagnare. Nessuno andava lì per quello.

I tavolini, rotondi e puliti, erano abbastanza distanti da dimenticarsi gli uni degli altri, come bolle di detersivo che si sollevano per aria e non badano a niente, solo a disegnare un arco e ritornare giù.
L’offerta era libera, come pure la partecipazione.
Sfilavano cappotti, ed un cappello era appena stato depositato su un piolo inerte, alla parete.

Il cartellino penzolava un po’ tronfio, imbarazzato, a contatto con la pelle del collo.
Non stretto, ma abbastanza per dare la sensazione di un ostacolo. Un nodo messo lì a legare qualcosa.

“Adultera”.
“Depresso”.
“Vincente”.
“Madre”.
“Bugiardo”.
“Gran lavoratore”.
“Sincera”.
“Narcisista”.

Era curioso vedere come solo appenderselo al collo cambiava il viso, la postura di chi lo indossava.
Come fa una persona a somigliare a una parola?

Erano in 8. scelti accuratamente per essere diversi. Almeno da fuori.
Le persone erano arrivate. Non tutte insieme, ma ognuno con la sua curiosità, la voglia di essere smentiti, sorpresi, o in cerca di conferme. Che gesto onanistico è, avere ragione.

10 minuti per ognuno. Un signore magro magro, con i baffi e un abito scuro e un po’ logoro, contava il tempo e al suo scadere scattava in mezzo ai tavoli, come un gerbillo morso da un serpente.

Lo vedevi sulle facce di chi si sedeva ad ascoltare, cosa pensavano.
La storia corrispondeva, gli attributi erano confermati.
A guardarlo bene, che lui era depresso lo si vedeva da lontano.
E lei sincera, sicuro. Vedi come muove gli occhi mentre ti parla?

Cenni del capo, gesti di assenso. Ogni parola al suo posto. Che pace. Che ordine.
Che cosa fanno?
Li si era visti proprio, i “lettori”, che avrebbero voluto riportare tutti al loro posto, quando le storie, quei libri in carne, ossa e imprevedibilità si erano alzati, e avevano preso a scambiarsi i cartellini.

Nomi e certezze scivolavano dal collo dell’uno a quello dell’altra, inaspettatamente.
Si mischiava tutto e ci si chiedeva subito se fossero appesi al collo sbagliato prima, oppure ora.

Per le ribellioni ci vuole un sacco di energia. È per questo che durano poco.
E poi si ricerca un ordine, anche piccolo.
E così, docili, i libri si erano riseduti ai tavolini rotondi, portando con sé nuovi, inaspettati cartellini.

“Adesso è giusto”, pensò qualcuno riattribuendo una certa corrispondenza tra figura e sostanza.
Ma lo aveva detto anche prima del cambio cartellino…

La cosa prese subito la forma del gioco. A ognuno il suo nome, il suo quadratino con definizione. Indovina chi sono.
Si guardavano intorno alla ricerca di indizi, memorizzando pezzi di storie a caso, che parevano più significativi di altri. Ovviamente ognuno ne memorizzò di diversi.

Qualcuno ci arrivò al quinto giro di giostra.
Altri ebbero bisogno di 6 o 7 turni per confondersi del tutto.
E vedere che tutto stava in tutto.

Qualcuno reclamò indizi.
Altri si lamentarono.
Altri ancora erano certi di aver azzeccato gli abbinamenti.

All’ottava campanella i libri si alzarono tutti insieme e si disposero con cura davanti ai lettori.
Gli occhi su di loro frugavano e attendevano.

Ogni libro si tolse lentamente il cartellino dal collo e in un aspettato istante ne fece coriandoli.
Le lettere si frantumavano con la carta e si afflosciavano morbide sui loro piedi, mischiandosi in un groviglio babelico di segni e di senso.

Poi si girarono, e se ne andarono.

Marta, che – si sa – le persone le capisce al volo, dice che sicuro sicuro il narcisista l’ha indovinato.

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