La stanza era riempita da una luce morbida, azzurra. La luce della mattina, quando il sole sembra ancora intorpidito dalla notte.
Lei fece tre passi avanti e lo strascico dell’abito chiaro frusciò sul marmo con indelicata veemenza.
Lui si fermò sotto l’arco a sesto acuto. Il mento gli sfiorava il petto e pareva che i suoi occhi fossero troppo pesanti per sollevarsi
“Vi avevo chiesto di desistere” soffio’ lei senza voltarsi, ma abbassando il cappuccio rivelò il rossore delle guance.
“Avete detto tante cose” aggiunse lui. Lei deglutì.
Come negare, non doveva essere stata molto convincente con quel rifiuto se proferendolo aveva lasciato che lui le si stringesse contro.
“Vi verrà a cercare oggi stesso” continuò più morbida, “non fatevi trovare”.
Lui sospirò. “Che venga, risolveremo in un modo o nell’altro la questione”.
Non aveva pensato ad un duello quando le era corso dietro alla festa di mezz’estate, tra i vicoli umidi dietro san Marco.
Ora egli la guardava da dietro e poteva sentire tutta la pesantezza di quei tre strati di taffetà celeste su di sé. Non c’era altro modo per uscirne con dignità.