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Pioggia

Pioggia - Francesca Bruno
Pioggia - Francesca Bruno

La prima goccia le bussò alla spalla, come il “tap tap” di un estraneo che attira la tua attenzione. La seconda fu un sussurro nell’orecchio ma scivolò via tanto veloce da lasciarla dubbiosa. La terza le si poggiò sul dorso della mano e fu indiscutibilmente chiara quando urlò “chiudesse una volta quella dannata finestra!”.

Sgranò gli occhi e li tenne fissi su quella minuscola pozza di acqua che, simile al vetro, le restituiva la sua immagine attonita.
Con un moto di repulsione asciugò la pelle e un brivido le scosse le spalle. Nella sua testa era una catena di pensieri smozzicati che si sovrapponevano: – non l’ho sentito davvero – sto impazzendo – l’ha detto! l’ha detto!

Un soffice “e dammelo quel bacio” le si posò tra i capelli, all’altezza dell’orecchio destro.
Rimase immobile.
<< Caaaarl? >> Era la sua voce…
Nessuna risposta.

Il terrore lasciava il posto ad un desiderio ardente di riascoltare le gocce. Si guardò intorno. I passanti sparivano rapidi nei portoni, dentro le vetrine dei negozi.

“È sempre stata una ragazza intelligente” disse una goccia che le sfiorò la spalla prima di diventare tutt’uno con il marciapiede lucido.
La signora Esher! La sua insegnante di letteratura inglese. Non glielo aveva mai detto e lei avrebbe pagato oro per un suo complimento. Era stato suo padre a riferirglielo, dopo un colloquio a fine anno scolastico.

Ora era rigida e immobile, aspettando altre voci.
Le gocce aumentavano il ritmo e si sovrapponevano.
“È incredibilmente sexy”
“Oggi era ridicola con quelle scarpe”
“Non le ho chiesto di… anche… però… come te…”

Era impossibile capire. Distinguere in quel groviglio di voci e di attimi rubati e riportati indietro.
È così che allora, le parole, rimangono sospese nel vento. Non svaniscono. Poi un giorno, per sbaglio, tornano giù.

Rinunciò a dividere le voci.
Alzò il mento verso il cielo denso di nuvole e si lasciò scivolare addosso quella pioggia di messaggi dal passato.

Poi iniziò a rallentare.
Riconobbe la nonna e la zia Adel, sua nipote e perfino il cane del vicino, quando abitava con i suoi genitori.

Le voci iniziavano a svanire. Il cielo ad aprirsi.
“Dì alla mia scimmia che l’amerò sempre”.

Smise di respirare. Un singhiozzo le chiuse per lunghi istanti la gola.

Mamma.

<< Ti amo anch’io >> disse. Gli occhi al di là delle nuvole più alte.

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