racconti

Torino

Torino, di Francesca Bruno

Quella mattina mi sveglio alle 7, con i camion dell’immondizia che ripuliscono Torino dalle foglie di lattuga del mercato del giorno prima.
Le signore coi passeggini avevano riempito sacchetti di plastica di frutta e verdura mentre io tiravo 5 ore di scrittura intensiva alla Holden e davo la buona notte a quella giornata con un paio di Gin Tonic. Tre al massimo.
Avevo bisogno di una doccia bollente e un caffè macchiato.


Ero già in macchina che Carla mi grida al telefono: “ma dove cazzo sei, il treno sta partendo”.
“Arrivo, dai bloccalo”. Era davvero così tardi?
Mollo la macchina che ne so dove, Carla mi aspetta al tornello con i biglietti in mano.
Gli altri sono già tutti saliti e siedono ordinati sui sedili. Sparsi come denti nella bocca di un vecchio.


Salire a Superga è un po’ come lasciare zavorre e orpelli. Arrivo ad anima nuda, senza pelle.
Mi siedo nel bosco scosceso della basilica e riempio pagine.
Sono esausta e pulita.
Carla capisce la mia fatica e deposita alla base della mia gola una goccia di olio di Eritrea.
“Leggi”.
Io leggo. Non so proprio cosa ma ancora oggi, quando prendo in mano quella carta gialla, sento quel profumo.
Li ho tutti, i manoscritti di quei giorni.
Ho solo una vaga idea di cosa contengano.
Non li ho mai riletti.
Non so se lo farò.
Al momento non mi serve, tanto quel che mi serviva l’ho avuto, preso, tenuto.

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