Pensavo a quello che desideriamo.
Come nascono i desideri? Non è che uno viene al mondo con una lista in tasca.
Poi noi cambiamo ogni giorno e i nostri desideri con noi.
Tipo: io a 6 anni volevo gli Spuzzi. Quei cosi di plastica che puzzano.
E già questo dovrebbe essere un esempio che i desideri mica sono una cosa ragionevole.
Però ho capito che, se li soddisfi, tendono a svanire. Infatti mia zia Carla me li ha comprati, li Spuzzi, e adesso non li voglio più.
Si ma perché gli Spuzzi e non un’altra cosa?
Ecco. Qui ci ho pensato un po’ e, come al solito, la risposta mi è sembrata ovvia solo dopo averla trovata.
Allora: noi desideriamo quello che ci fa stare bene.
No meglio: quel che ci ha fatto stare bene almeno una volta (o di più, che abbiamo immaginato potesse).
Esempio: da piccola mi hanno messo in braccio una scimmia.
Ero in spiaggia, un caldo boia e la scimmia, che era uno scimpanzé e pesava il doppio di me, mi si è aggrappata al collo.
Ora, le scimmie sono specialiste dell’aggrapparsi. Cioè, hai la sensazione che venga loro proprio naturale.
Perciò lei si è tenuta forte come dire “lo so io, si fa così”.
Ecco, a parte la fatica per non mollarla a terra, quell’abbraccio lì mi è piaciuto un sacco, e me lo ricordo ancora.
Da allora desidero una scimmia (che evidentemente nessuno mi ha ancora procurato).
O, forse, dovrei dire, desidero un abbraccio che sa come si fa a non farti cadere.