C’era una volta un re.
Arrivava piano, le nenia, dall’interno della stanza buia, ricoperta di un caldo ovattato strisciato solo dal vento che veniva in su dal mare.
C’era una volta un re.
Lui le teneva una mano in fondo alla schiena, dove fa una piccola curva e si appoggia sui fianchi.
C’era una volta un re.
Il sole calava piano, chiudendo il cerchio di un giorno azzurro.
La notte saliva lenta, per aprirne un altro.
Lei si girò sollevando il mento.
Cercò i suoi occhi scuri e gli sorrise. Non aveva domande.
C’era una volta un re.
Lui fece una lieve pressione con la mano. Una spinta piccola, sufficiente per farle perdere l’equilibrio.
La guardò scivolare giù, in un volo pulito rotto solo dall’angolo aguzzo degli scogli.
Non un fiato.
C’era una volta un re.