Duemilatrecentonovantadue.
La signora con gli occhiali sul naso scandì bene le lettere; non per farsi capire, solo per non doverlo ripetere.
“Le persone antipatiche non sono felici” si ripetè Carla nella testa. Però la signora rimaneva antipatica. E poi, pure lei a guardar bene non era felice. Forse era anche antipatica?
2392
BIIIP. Il cartellone luminoso scartò il numero che non aveva risposto.
Duemilatrecentonovantatre.
Prevedibile. Eppure Carla riguardò il biglietto che aveva in mano. Quattro numeri al 2396.
Incredibile come quel numero non stia in testa. Come quando controlli la porta quindici volte.
Le calze le pizzicavano un po’. Come sempre, d’autunno, quando non era più abituata a metterle.
È che poi, quando ti annoi, tutti i particolari ti torturano.
Un signore in tweed era già al cospetto della signora. Lei lo guardava da sopra gli occhiali mentre lui cercava di spiegare, un po’ a parole, un po’ muovendo su e giù una mano ossuta, qualcosa.
Lei gli passò un modulo. Lui lo guardò un po’ deluso. Con la stessa mano, sta volta zigzagante, trascinò il foglio verso di sé.
La lana sapeva un po’ di naftalina.
Lei gli indicò un tavolino di fòrmica poco più in là ma lui non sembrava avere tanta voglia di mollare quel davanzalino, meritatamente conquistato a suon di numeri. Lei gracchiò un “prego” sul suo naso, indicandogli di nuovo il tavolino.
E lui scivolò di malavoglia al lato dell’ambìto davanzale ornato di plexiglass.
Il 2394 era già in piedi. Una signorina tutta tacchi e ginocchia nervose che disegnava solchi nelle marmelle da quando il signore si era mosso nella sua scia di armadio canforato.
Ma succede sempre qualcosa che ti smonta le certezze. E chi se lo sarebbe aspettato, signorina, che dalla porta del WC se ne uscisse una signora paffuta e arruffata che si stava già dirigendo marziale verso lo sportello sventolando un biglietto piccolo e appallottolato.
“Novanta due, novantadueee”
Sta volta non era la signora con gli occhiali a dare i numeri. Irritante. Lo si vedeva dalle labbra sottili un po’ tese e strette.
“Ho già chiamato, signora”.
“Stavo in bagno”. Replicò già poggiata, gomiti e seno prosperoso, al davanzalino dei vittoriosi.
La signorina sui tacchi si era bloccata a metà del suo solco. “No, scusi. Io ho un appuntamento”. Rigida come i suoi tacchetti.
“Eppure io, signorì”. Morbida come i rotolini bordati di stoffa nera poggiati sul suo stomaco.
Gli occhiali della signora antipatica eran già scivolati giù sulla punta del naso.
La noia non fa differenze.
Carla ricontrollò il suo 96.