Una volta ognuno di noi aveva uno scopo. Un compito preciso. Una responsabilità. Una scelta.
Poi ci hanno messi tutti in un sacchetto, e così, ammassati e sudati, ci hanno scrollato fino a farci perdere il su e il giù. Poi ci hanno sparso su un campo a righe. Perfino ai semi danno più indicazioni.
Qualcuno ha cercato il senso, poi sperato in un decente e dichiarato non senso.
Ma qui si vive in solchi scuri e briciolosi di parole dure, su cui un punto ha persino timore a fermarsi.
Vaghiamo a lungo senza trovare altri segni. E dopo un po’, senza specchi in cui riconoscersi o vedersi diversi, non sappiamo nemmeno più cosa siamo.
Ogni tanto qualcuno vien fatto sparire. Editato, dicono.
Grandi macchine di ferro e acciaio passano e raschiarci via, con tutta la zolla di alfabeto.
Quasi nessuno se ne accorge.
Il punto e virgola non si vede da anni. Qualcuno dice si sia trovato un posto lungo le sponde del lago, ad annegare la malattia incurabile della via di mezzo, indeciso come le relazioni in pausa.
Le virgole vanno forte: si muovono da sole o a gruppi e sono diventate arroganti. Insignificanti e casuali come gli appuntamenti di una notte.
È pieno di parentesi. Piccole specifiche, il più delle volte irritanti, con la peculiarità di non essere indispensabili. Un’amante che aspetta da sola, al tavolo, il giorno di Natale.
Gli accenti si sono ritirati non si sa dove, sconfitti brutalmente dalla fazione degli apostrofi. E dove prima c’era entusiasmo, oggi c’è elisione.
Punti di sospensione come treni. Dimenticata la regola del tre, viaggiano a tutta velocità in un mondo di allusioni, omissioni ed equivoci indotti.
I punti di domanda sono stati epurati. La forma induceva alla piaga del ragionamento.
E poi ci sono io. Mi tengono d’occhio.
Le macchine di ferro non osano avvicinarsi con la luce ma, se mi trovassero di notte, mi farebbero sparire.
Mi sposto spesso perché, ogni volta che poggio tra le righe, le parole si sollevano come dopo un urto.
E le macchine mi vedono. L’esclamazione fa troppo rumore e attirare l’attenzione non è consigliabile, qui.
Non sappiamo quanto riusciremo a restare, prima di essere falciati tutti.
Vogliono righe continue e uguali di parole senza senso.
Quando tutto sarà compiuto nessuno saprà che cosa manca.
Nessuno saprà neanche che un tempo è esistito, un senso.
Da “Diario nascosto di un punto esclamativo”.